Giovanni Brusca è tornato libero a 33 anni dalla strage di Capaci, quando azionò l’esplosivo che uccise Falcone. Familiari delle vittime increduli.
Giovanni Brusca è di nuovo un uomo libero, a soli 33 anni dalla famigerata strage di Capaci. L’ex boss mafioso, che di fatto azionò l’esplosivo nella strage di Capaci nel 1992 provocando la morte del giudice Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta, ha terminato di scontare la pena. La notizia scuote l’opinione pubblica e fa riesplodere un dolore che sembrava sopito, alimentando un forte dibattito sullo stato della giustizia italiana.
Dopo 25 anni di carcere e quattro di libertà vigilata, Brusca, oggi 68 anni, ha esaurito ogni pendenza con lo Stato. Arrestato nel 1996, l’ex braccio destro di Totò Riina ha scelto di collaborare con la giustizia, ottenendo così sostanziosi sconti di pena. La sua collaborazione ha portato a importanti vittorie dello Stato nella guerra contro Cosa Nostra, eppure non tutti ritengono che il prezzo da pagare sia stato equo.
Secondo atti giudiziari, infatti, Brusca ha ammesso la propria responsabilità in oltre 150 omicidi (!). Tra questi, uno dei più atroci resta l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, sequestrato, tenuto prigioniero per 779 giorni e infine strangolato e sciolto nell’acido. Nonostante il suo “pentimento”, molti considerano inconcepibile che un uomo con simili responsabilità possa essere oggi un cittadino libero (sebbene con una nuova identità, in una località protetta).
Maria Falcone, sorella del giudice assassinato, ha rilasciato una dichiarazione carica di dolore ma anche fortemente razionale, giacché se oggi Brusca è libero è anche per una legge voluta da suo fratello: “Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno”.
Durissime anche le parole di Giuseppe Costanza, unico sopravvissuto alla strage: “25 anni in confronto a chi ha perso la vita non sono niente. Queste persone dovrebbero morire in carcere”.
Tina Montinaro, vedova del capo scorta Antonio Montinaro, ha a sua volta espresso all’Adnkronos la rabbia che è non solo dei parenti delle vittime della strage ma di molti comuni cittadini: “Lo so che è stata applicata la legge, ma è come se non fosse mai successo nulla. Non si può dimenticare”.
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